Vorrei scrivere un’apologia di Sant’Agata dei Goti e, invece, scriverò un’apologia dei santagatesi. Perché, in fondo – nel fondo della terra – i santagatesi sono più vittime che colpevoli. Difendere un paese, che è il riassunto vivente di una storia, è naturale e logico, mentre difendere tutti gli abitanti di un paese, grande o piccolo che sia, nazionale o comunale, è impossibile e inconcepibile. Qui va reso possibile e concepibile. Come se tutti fossero uno. In questa storia di terra e veleno, non ignota ma nota, io voglio difendere proprio i santagatesi che tutto sapevano, tutto temevano ma nulla potevano fare. Ciò che fecero non fu preso in considerazione ma sbeffeggiato. Perché il rapporto tra i santagatesi e lo Stato è quello classico tra il Sud e i meridionali: lo Stato c’è quando non serve, non c’è quando serve.
Il punto che fa la differenza in questa brutta e non unica storia meridionale è il ruolo svolto dalle istituzioni – Comune, polizia locale, forze dell’ordine, magistratura – che pur sapendo e pur informate hanno preferito fare come le famose tre scimmiette che non vedono il male, non sentono il male, non parlano del male. Ora, però, che la storia si è rovesciata e la terra sta vomitando il male, ora le istituzioni vedono, sentono e parlano. Fingono lo scandalo e alzano le mani al cielo. Imprecano e vogliono giustizia. Quella stessa giustizia che prima non hanno saputo garantire. Quando i veleni venivano interrati, le istituzioni erano altrove. Ora che i veleni sono dissotterrati, le istituzioni sono sul luogo del delitto. Alla manipolazione di ieri corrisponde la manipolazione di oggi. Non ci sto. Il mio dovere oggi e qui è quello di raccontare bene la storia. Altra via d’uscita il mio paese – Sant’Agata dei Goti – non ha.
Si chiede ai santagatesi di parlare e collaborare. Il sindaco più volte si è rivolto ai santagatesi dicendo loro di “collaborare e parlare”. Si tratta – e lo dico senza polemica ma con fermezza e senso civile delle cose – di una posizione inaccettabile: non è il sindaco che deve chiedere ai santagatesi di parlare ma sono i santagatesi che chiedono al sindaco e alle istituzioni di chiarire, spiegare, ricostruire. Le informazioni non le hanno i santagatesi ma le istituzioni. Esiste una mappa precisa e particolareggiata dei luoghi in cui scavare. Quei luoghi non sono “terra di nessuno” ma hanno proprietari. Basta fare dei riscontri e sapere cosa è di chi. Se le istituzioni vogliono, possono. Mettersi a caccia di colpevoli non serve a niente e non mi piace. In una storia lunga decenni le colpe sono diffuse e tendono a stemperarsi. Ciò che più conta non è la colpa ma la verità. Ma nella ricostruzione dei fatti veri le istituzioni non devono svolgere la maldestra funzione del pubblico ministero fuori luogo. Quindi, per piacere, si eviti l’atteggiamento paternalistico in cui si trattano gli abitanti di Sant’Agata dei Goti come una comunità omertosa al limite della collusione. Non è così.
Lo Stato è stato assente ieri. Non continui ad essere assente oggi. I santagatesi hanno il diritto di sapere. Hanno il diritto di sapere cosa è accaduto e perché nessuno si mosse quando furono fatte segnalazioni e denunce documentate. La verità sottoterra i santagatesi l’hanno sempre intuita e saputa ma ora non è in gioco un sapere generico, una voce e un sentito dire, un sospetto e una leggenda, bensì un sapere certo, accertato e documentato. L’Archeoclub d’Italia, che anni addietro denunciò addirittura con fotografie lo scarico illegale e pericoloso di rifiuti tossici, ha fatto sapere che in un eventuale processo si costituirà parte civile. Credo che a costituirsi parte civile dovrà essere la comunità santagatese. Il Comune dovrà stare con compostezza alla finestra. Mentre scrivo questa nota, ad esempio, non ho notizia di alcuna convocazione di un consiglio comunale straordinario su fatti così straordinari e seri. Si affronti la questione della terra velenosa prima di tutto in consiglio comunale. Le forze politiche, se ancora ci sono, facciano funzionare le istituzioni.
La storia dei rifiuti tossici è annosa. Ha alle spalle almeno trent’anni. Riguarda le cave di tufo, le discariche abusive che erano allo stesso tempo legali e illegali. E’ una storia così lunga che giunge fino a noi. Vorrei sapere, ad esempio, se i proprietari delle cave hanno finanziato campagne elettorali. La chiarezza non farà bene a tutti, ma darà un contributo alla verità. Bisogna affrontare questa storia senza ira ma con studio, senza spirito di vendetta ma mossi dalla volontà di far luce per un solo fine: fare in modo che la storia non si ripeta. Su questa strada è più importante, molto più importante la verità storica e civile che la verità processuale, se ci sarà.
Nella storia trentennale dei rifiuti e dei veleni a volte il confine tra il legale e l’illegale era molto labile, ma ciò che era vero ieri come oggi è che chi sotterrava o accettava di sotterrare il veleno sapeva che stava facendo un delitto contro la sua stessa madre terra. Questo è il delitto davvero intollerabile. Come è intollerabile che l’istituzione comunale continui ad avere il comportamento delle tre scimmiette e chieda conto ai santagatesi di cose di cui il Comune deve dar conto ai santagatesi. Io non punto il dito contro nessuno ma non ammetto che qualcuno punti il dito contro i santagatesi che conoscevano la peggiore delle verità. Quella inascoltata.