(Sanniopress) – Cominciamo bene il nuovo anno. Se fossi scortese e se fossi di Cerreto Sannita (ma va bene anche essere di dove sono) direi a gran voce e dandogli una pacca sulla spalla (perché l’uomo non è privo di senso delle cose umane e disumane): “Antonio Barbieri, ci hai rotto i coglioni”. Ma sono cortese e non sono di Cerreto e quindi scrivo un articoletto dopo aver letto il lamento civile di Giuseppe Guarino. La sostanza è questa: ma è possibile che decida di iscrivermi al Pd e mi ritrovo con Barbieri che stava dall’altra parte e, soprattutto, con tutta una folla di gente che si iscrive al Pd perché il signorotto locale così vuole e, soprattutto, il Pd – così democratico per Costituzione – non ha niente da ridire, anzi, magari ride? Sì, mio caro, è possibile. Ma se, nonostante la giovane età, già ti sei rotto i coglioni, sappi che hai ragione tu. Hai torto solo in una piccola cosetta. Questa: nel credere che il Pd sia una cosa diversa dal Pdl e da tutto il resto di quel mondo partitico senza politica che c’è in giro. Dunque?
Dunque, il trasformismo è parte della nostra storia nazionale e locale. Anzi, è parte del paesaggio, talmente parte da essere quasi tutto e senza trasformismo non si potrebbe capir nulla della storia italiana che noi stessi siamo. Tuttavia, ancora una volta hai ragione tu. Sai perché? Perché a tutto c’è un limite. E il limite di oggi si chiama ineleganza. Il trasformismo di ieri era di altra pasta, questo di oggi è volgare. Il trasformismo di ieri sapeva quando parlare e quando star zitti, quando muoversi e quando star fermi, quando cambiare casacca e quando starsene a casa. Il trasformismo di oggi parla a casaccio, gesticola e crede che la vita pubblica sia la cucina di casa propria.
Antonio Barbieri è stato democristiano, mastelliano, berlusconiano, antiberlusconiano. Soprattutto è paradigmatico o para e basta. Ha cambiato più volte idea? No, mai. Ha solo curato in maniera partiticamente diversa lo stesso suo interesse a stare sempre in mezzo. Personalmente non riesco a nutrire per Barbieri un sentimento avverso. Il motivo è semplice: non sono di Cerreto (anche se, mi rendo conto, non è un motivo sufficiente, dal momento che Barbieri è vicepresidente della Provincia dai mesi contati, forse). Ma se fossi di Cerreto avrei qualcosa da dire. Ad esempio: basta, stattene a casa. E non perché sia legittimo volere che l’avversario esca di scena per sua scelta volontaria, ma perché a volte a stare sempre sulla scena al di là dei tempi che mutano si rischia di essere ineleganti. E’ una questione estetica più che etica.
Tuttavia, il Pd non dice. Tace. Ascolta: sento il rumore delle tessere contate, sento i commenti degli iscritti, sento che il Pd è soddisfatto delle iscrizioni e che è pronto a dar fondo a tutta la sua retorica nazionale e locale sulla diversità della sinistra e scemenze del genere alle quali possono credere solo due categorie di persone: gli acquaioli e i senza palle. Anche qui siamo di fronte a un problema estetico: il Pd è proprio come Barbieri: inelegante, fuori tempo, trasformista senza trasformazione. Il Pd locale, poi, è solo una succursale della vecchia Democrazia cristiana che fu dedita al centrosinistra e a tutto quanto faceva governo e sottogoverno.
Ma allora come diavolo si fa se uno vuole fare politica nel proprio paese e si ritrova gomito a gomito con chi in quel paese è al governo, indipendentemente dall’amministrazione, da mezzo secolo e più? Con molta fatica e pazienza. Soprattutto considerando due cose.
Primo: i partiti sono soltanto strumenti e non sono forze politiche ed etiche in sé. Uno vale l’altro, a conti fatti. Non si può avere una fede in un partito. La fede è roba da dedicare alla vita, a un dio, a una donna, a un’istituzione, ma non certo a un partito. I partiti possono quasi essere quel che erano per Mattei: taxi. Il signore locale lo sa dai tempi dei tempi, ecco perché ha sempre riso e sorriso dei marxisti di turno: perché è sempre stato più marxista di loro.
Secondo: ma allora la politica è tutta una merda? No, non è così. E’ solo che nei partiti la politica non c’è. Se uno la cerca nei partiti non la trova perché la sta cercando nel luogo sbagliato. E’ un po’ come cercare non un ago nel pagliaio ma una vergine in un bordello. Nei partiti ci trovi Barbieri. E con Barbieri non ci puoi fare politica. Al massimo ci puoi fare le tessere di partito (come d’altra parte – nel senso dell’altra parte – ha fatto la Nunzia De Girolamo nel Pdl). Per fare politica serve altro. Cosa? Problemi (che è l’unica cosa che non manca mai). E’ un po’ come per il pane: per farlo non serve il pane, ma la farina e sapere come si usa la farina, come si impasta e come si inforna. Così è per la politica: ci vuole quella farina materiale e ideale – la cultura politica – che nei partiti non c’è più perché sono sterili, svuotati, inconsistenti e bisogna renderli fecondi, gravidi, consistenti.
Come? Mettendo al centro problemi, istituzioni, informazioni, bilanci, progetti, risultati e così portando Antonio Barbieri (e chi per lui, adesso non ne facciamo un caso personale) dal barbiere per fargli pelo e contropelo, prima e seconda passata. Serve intelligenza attiva, studio, strategia, capacità di individuare problemi, priorità, insomma, bisogna faticare e rendere la vita impossibile a chi dice di rappresentare le istituzioni ma non ne vuole sapere di governare perché vuole solo potere. E’ una fatica immane, lo so. Una gran rottura, lo so. Ma non c’è altra strada perché questi da soli non faranno mai come il compagno Baglioni che giunto a una certa ora salutava e si toglieva dai coglioni.
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