di Billy Nuzzolillo
Confesso che mi assale una profonda sensazione di disgusto ogni volta che sui social network leggo commenti sbiaditi ed estremamente superficiali a proposito del caso del quattordicenne violentato con un compressore a Napoli.
Fortunatamente ci sono delle eccezioni. Fa bene, ad esempio, il professor Enrico Ariemma a scrivere su Facebook, con estrema crudezza e senza troppi giri di parole, che alla vittima “gli hanno messo un compressore in culo. Perché le cose hanno un nome, e il trogloditismo dello stupro infame va descritto con la violenza che solo il linguaggio brado, sia pure per sbiadita approssimazione, consente. Un compressore in culo, dunque. In branco, ovviamente, per aggiungere la vergogna dell’abuso alla vergogna dell’aspetto. Per geminare le colpe di un cucciolo in crescita, in formazione, in lenta presa di coscienza del sé. Ma, poverini, era un gioco banale, operato senza malizia. Quel gioco che si chiama virilità di stupro, che consiste nell’assoggettare a prescindere, possibilmente nell’ottica del molto contro uno, un pedicabo et irrumabo che asseconda il bisogno rozzo di sentirsi potenti. Maschi, in una parola. Quelli che si vantano delle proprie prodezze, quelli dell’in tanti leoni, da soli coglioni, per capirci”.
E fa bene anche don Aniello Manganiello, sempre su Facebook, a denunciare il fatto che gli abitanti di Pianura, “a commento del grave gesto compiuto su un ragazzo di 14 anni da un 24enne, hanno avuto il coraggio e la sfrontatezza di affermare che questo giovane macchiatosi di un crimine è un bravo ragazzo. A Napoli, molti lo dicono anche di un camorrista ucciso. Qualcosa non va in moltissime famiglie, in riferimento al quadro valoriale per la costruzione della personalità nell’infanzia e nell’adolescenza: sottocultura, una religiosità di tipo pagano, una illegalità diffusa e tollerata dalle Istituzioni, un’anarchia devastante e permessa, un individualismo che calpesta i diritti degli altri in maniera impunita, famiglia inesistente e impreparata ad affrontare i problemi e le criticità del tempo presente. Periferie abbandonate dove ciascuno in maniera autonoma compie abusi di diversa specie. E’ ora di ripristinare la certezza della pena per proteggere coloro che compiono il loro dovere e vivono nella legalità”.
Ecco il punto: ripristinare la certezza della pena per proteggere coloro che compiono il loro dovere e vivono nella legalità, a Napoli come a Benevento, Caltanisetta o Trento. Perché la certezza della pena (o della sanzione, più in generale) è l’unico deterrente in grado di arrestare il lento, progressivo ed inarrestabile declino morale ed etico del nostro Paese.
P.S. = In queste ore, sempre su Facebook, rimbalza prepotentemente da una bacheca all’altra l’immagine della vittima in pantaloncini e maglietta da gioco, diffusa dalla Scuola Calcio A.S.D. Pianura e accompagnata dalla scritta Forza V….!!! Non sei solo! E’ mai possibile che si possa essere tanto superficiali ed irresponsabili da rendere facilmente identificabile la vittima, attraverso il perverso meccanismo della condivisione virale, e conseguentemente sottoporlo ad un’ulteriore violenza?