di Gennaro Malgieri
Parigi. La primavera esplode a Parigi insieme con la campagna elettorale per le presidenziali. La città sembra non accorgersene, ma non c’è luogo di ritrovo nel quale non si discuta, anche animatamente, della sfida che nessuno, fino a qualche mese fa immaginava possibile, tra la favorita al primo turno Marine Le Pen e l’outsider Emmanuel Macron, il giovane ex ministro dell’Economia di Hollande dimessosi la scorsa estate per fondare un suo movimento, autonomo dal partito socialista al quale apparteneva, ambiziosamente denominato En Marche!. E in marcia lo è davvero Macron, uomo dell’establishment, “lobbista del mondialismo”, secondo la definizione del leader della sinistra estrema Jean-Luc Mélenchon, che al momento, secondo i dati ufficiali dei sondaggi (ma quelli ufficiosi dicono altro) è quasi appaiato alla Le Pen.
Una campagna all’italiana, si potrebbe dire, molto diversa da quella che seguii cinque anni fa quando in campo c’erano Sarkozy ed Hollande. La si combatte a colpi di scandali veri o presunti e di conti in tasca ai candidati spulciando nelle loro più intime abitudini: “Marianne”, settimanale vicino ai Républicains di François Fillon (sostanzialmente buttato fuori dalla competizione mentre veniva da tutti ritenuto vincente da uno scandalo vero: una storia di finanziamenti pubblici alla moglie fatta passare come assistente parlamentare senza mai aver lavorato un giorno, più alterne cosette di contorno), pubblica una decina di pagine sull’attaccamento al denaro del clan Le Pen, rimasticando vecchie storie e dicerie propagandistiche andate a male: non si vede ombra di reato. Per non essere da meno, un altro hebdomadaire, più a destra, “Valeurs actuelles”, indaga sulla vita privata di Macron, sui suoi legami con la finanza che conta, sulle sue narcisistiche abitudini e via seguitando. Per non parlare degli scandali veri, come quello denunciato dal “Canard enchainé” che ha portato alle dimissioni del ministro dell’interno socialista Bruno Le Roux accusato di aver assunto le figlie minorenni come assistenti parlamentari: un fatto senza precedenti. E così anche i socialisti, già ai minimi termini, sono sistemati.
In tutto questo – e molto altro ancora ci sarebbe da descrivere – una giovane amica l’altro giorno mi chiedeva (forse perché italiano e per di più giornalista ed ex parlamentare) come mai la corruzione fosse così diffusa in Francia… Avrei voluto risponderle, poco diplomaticamente, di leggersi la storia italiana degli ultimi tre o quattro decenni, ma non me la sono sentita. L’ho buttata in politologia, insistendo sull’usura delle democrazie che non sanno rinnovarsi forse per un male interno che prima o poi le corrode. Chissà che se ci ha creduto. Ha abbozzato un malinconico sorriso ed ha continuato a sorseggiare il suo bordeaux.
Resta il fatto che a Parigi (paradigma della Francia) ci si chiede non soltanto chi vincerà tra la Le Pen e Macron, ma molto più seriamente come è potuto accadere che si siano decomposti i partiti tradizionali: un’inchiesta del vecchio settimanale nazionalista “Rivarol” è illuminante al riguardo e nessuno finora l’ha tacciata di “populismo”. Già, noi italiani dovremmo saperne qualcosa. Ma dagli errori recenti e lontani non abbiamo imparato molto. Forse anche la Quinta Repubblica francese avrebbe bisogno di una riverniciata, ma all’orizzonte premono altri problemi. Nessuno mette in discussione l’impianto gollista del sistema costituzionale, ma se i partiti tradizionali non sono più in grado di intercettare i consensi e si spengono addirittura nel malaffare o nell’indifferenza dei cittadini, altri ne nascono contro il sistema (la Le Pen punta a fare un po’ la gollista senza esserlo aggiornando o capovolgendo gli assunti che furono del padre) o nel sistema per superarlo o reinterpretarlo, dubitando egli stesso di averne la forza come si vince da talune uscite piuttosto contraddittorie (Macron è consapevole che senza l’establishment non va da nessuna parte e per lui è un azzardo puntare ad ottenere i voti della “destra della sinistra e della sinistra della destra”).
Un laboratorio le presidenziali francesi? Può darsi. Se non si attiverà la solita “Union sacrèe” di tutti contro la Le Pen moltissimo potrebbe cambiare e non solo per la Francia. Se invece il solito giochino riesce, saranno salvi perfino i partiti “decomposti”: vivranno senza sapere di essere morti, insomma.
Non so se è questo che la mia giovane amica voleva sentirsi dire. Ma tanto per non rimanere nel vago, ho lasciato per un giorno il confortevole centro parigino e mi sono allontanato abbastanza da casa mia, tanto per vedere un’altra Francia. Nelle orrende e spaventose periferie parigine, dell’Unione europea non frega niente a nessuno. Dell’euro ancora meno. Non si sa chi è di destra e chi di sinistra. Sorseggiando un pastisse davanti ad un quotidiano spiegazzato, aperto sulle pagine sportive, un avventore mi chiede se sto con il Psg e se Cavani resterà ancora una stagione. Francamente non lo so, ed il calcio di Emery non mi piace gli dico, aggiungendo che l’uruguagio mi è però simpatico perché ha giocato nel nel Napoli. Una scintilla. Lo sconosciuto si è seduto con il suo bicchiere di rosso in mano e gli ho chiesto se tra la Le Pen e Macron lui con chi sta. “Hai visto qui intorno o traffichi tra i borghesi del centro?”. Mi ha quasi gelato. “Ho sempre votato comunista fino al 2007″, poi ho scelto chi parlava la mia lingua e non era Sarkozy”. Dunque? “La droite, Le Pen naturalmente”. Destra e sinistra non vogliono dire davvero più niente. Il giacobinismo è appannaggio dei radical-chic. Le classi disagiate guardano altrove. Gli unici che si oppongono al mondialismo e alle storture che ha seminato in Occidente sono il vecchio comunista Mélenchon e la bionda Bleumarine. Vuol dire qualcosa?
In quel bistrot di una delle più avvilite banlieue nessuno, mi pare, ha voglia di guardare i filmati che una Tv a basso volume trasmette sulle cerimonie romane dedicate all’anniversario dei Trattati di Roma. Un giovanotto, smanetta su Facebook ed annuncia che Marine Le Pen e Vladimir Putin si sono incontrati. Mormorii, sorrisi, un ironico: “Trés bien. En marche!”. Qui c’è un’altra Europa; un’altra Francia.